SUPREMA
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE
LAVORO
Sentenza
23 gennaio 2007, n. 1418
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ettore MERCURIO - Presidente -
Dott. Donato FIGURELLI - Consigliere -
Dott. Pietro CUOCO - Consigliere -
Dott. Francesco Antonio MAIORANO - Rel. Consigliere -
Dott. Giancarlo D'AGOSTINO - Consigliere -
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C. G. L., elettivamente domiciliato in Roma Via R. Grazioli Lante 16,
presso lo studio dell'avvocato Domenico Bonaiuti, rappresentato e
difeso dall'avvocato Andrea Pettinali, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze;
- intimato -
avverso la sentenza n. 230/03 della Sezione distaccata di Corte
d'Appello di Sassari, depositata il 08/09/03 - R.G.N. 85/2002;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 13/11/06 dal Consigliere Dott. Francesco Antonio
Maiorano;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Massimo Fedeli che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con ricorso alla Corte d'Appello di Cagliari,
sezione di Sassari, C. G. L., dipendente del Ministero del Tesoro in
qualità di direttore dell'Ufficio Provinciale di S.,
proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Sassari con la
quale era stata rigettata la sua domanda per l'integrale rimborso (ai
sensi dell'art. 18 del DL n. 67 del 25/3/97, convertito in L. n. 135
del 23/5/97) delle spese di difesa da lui sopportate in un giudizio
intrapreso contro di lui per il reato di cui all'art. 323 c.p. (abuso
d'ufficio) e dal quale era stato assolto con sentenza del 14/12/1999.
Precisava che l'Amministrazione di appartenenza aveva autorizzato con
nota del 18/6/2000 la rifusione della somma di £ 13.935.240,
a fronte di un totale di £ 21.586.220 da lui erogate per
sostenere la difesa, come da fatture emesse dai due avvocati, M. e C.,
che l'avevano difesa nel procedimento penale e dell'avv. S. che l'aveva
assistito nel procedimento disciplinare, conclusosi con l'archiviazione
dopo l'assoluzione in sede penale.
L'Amministrazione appellata contrastava il gravame e la Corte d'Appello
lo rigettava sulla base delle seguenti considerazioni: l'eccezione di
incompetenza della Sezione staccata di Sassari per le cause in materia
di lavoro in cui fosse parte una Amministrazione dello Stato, era
infondata trattandosi non di una questione di competenza ma di una
semplice ripartizione degli affari tra sezioni del medesimo ufficio
giudiziario e ed essendo noto l'orientamento del presidente della Corte
d'Appello di assegnare alla sezione di Sassari tutti i provvedimenti
emessi dai Tributali di Sassari, Nuoro e Tampio Pausania.
Nel merito, il gravame era infondato: il procedimento disciplinare non
rientrava fra quelli per i quali al pubblico dipendente spettasse il
rimborso delle spese legali e comunque non c'era la prova della
relativa erogazione. Per le spese del giudizio penale spettava il
rimborso delle spese, in caso di assoluzione, previo parere di
conformità dell'Avvocatura dello Stato che era immune da
censure; il richiamo fatto dal ricorrente al parere di
congruità espresso dal Consiglio dell'ordine su richiesta
dell'avvocato non era calzante, sia perché non era
obbligatorio come nella specie (ma necessario per il professionista che
intendesse ricorrere a forme coattive di recupero del suo credito), sia
perché la valutazione dell'Avvocatura riguardava non la
conformità della parcella alle tariffe forensi ma il
rapporto fra importanza e delicatezza della causa e le somme spese per
la difesa e delle quali si chiedeva il rimborso.
Nella specie, non poteva essere censurata la decisione del Ministero
perché lo stesso si era attenuto al parere dell'Avvocatura
dello Stato, né il parere medesimo che non era errato o
fuorviante: dagli atti prodotti emergeva infatti che il processo, per
quanto delicato non era di tale importanza da giustificare la nomina di
due difensori e quindi la spesa per la doppia difesa non era
giustificata. L'imputato era libero di nominare piú
difensori ma non poteva pretendere il rimborso delle due parcelle; tale
rimborso, rifatti, non poteva avvenire a piè di lista, ma in
base alla congruità delle stesse. La valutazione
dell'Avvocatura poteva essere contestata in sede giudiziale,
dimostrando la necessità della doppia difesa così
da rendere incongrua ed ingiustificabile la valutazione dell'avvocatura
erariale e non semplicemente richiamando il proprio diritto a nominare
due difensori, come nella specie. La sentenza quindi doveva essere
confermata.
E' domandata ora la cassazione di detta pronuncia con un solo motivo,
col quale si lamenta contraddittorietà e insufficienza della
motivazione, per non avere il giudice considerato che egli è
un dirigente a contratto, per cui un'eventuale condanna avrebbe
comportato la cessazione del rapporto di lavoro; tale
eventualità è stata scongiurata soltanto a
seguito dell'assoluzione in sede penale, perché questa ha
comportato l'archiviazione del procedimento disciplinare. Il parere
dell'Avvocatura é stato espresso dopo l'assoluzione, mentre
la valutazione in ordine alla necessità di una adeguata
difesa deve essere fatta in via preventiva. La previsione secondo cui
il rimborso deve avvenire "nei limiti riconosciuti congrui
dall'Avvocatura dello Stato" si riferisce al controllo di
congruità rispetto alla tariffa, analogamente a quanto fa il
Consiglio dell'ordine nell'esprimere il suo parere.
L'intimato non si é costituito.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Il ricorso é infondato.
Nei giudizi intrapresi nei confronti dei dipendenti delle
Amministrazioni statali per responsabilità civili, penali ed
amministrative, in conseguenza di fatti ed atti connessi con
l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi
istituzionali e conclusi con sentenza che escluda la loro
responsabilità, è previsto il rimborso da parte
della Amministrazione di appartenenza delle spese legali, che viene
effettuato ai sensi dell'art. 18 DL n. 67 del 1997, conv. in L. n.
135/97 nei "limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato".
Questa esegue una valutazione caratterizzata essenzialmente da aspetti
di discrezionalità tecnica, in quanto riferita al parametro
della tariffa penale, nonché alla natura e alla
complessità della causa ed all'importanza delle questioni
trattate, alla durata del processo, alla qualità dell'opera
professionale prestata ed al vantaggio arrecato al cliente (cfr. TAR
Veneto n. 01033 del 14/4/04). La previsione legislativa, infatti,
è di così ampia portata da giustificare
pienamente l'interpretazione del giudice d'appello, secondo cui
è fuor di luogo il richiamo al parere di
congruità espresso dal Consiglio dell'ordine su richiesta
dell'avvocato che intenda agire nei confronti del cliente per il
recupero delle sue spettanza, sia perché quel parere non
é obbligatorio, come nella specie, ma necessario, sia
perché la valutazione dell'Avvocatura riguarda non solo la
conformità della parcella alla tariffa forense (oltre la
quale il rimborso sarebbe illegittimo), ma il rapporto fra l'importanza
e delicatezza della causa e le somme spese per la difesa e delle quali
si chiede il rimborso.
Osserva in proposito la Corte che tale interpretazione è
confermata direttamente dalla ratio legis, che è quella di
tenere indenne il funzionario per le spese legali, indispensabili ai
fini della difesa da un'accusa ingiusta per fatti inerenti ai compiti e
responsabilità dell'ufficio, e indirettamente anche dalla
norma finale e di chiusura di cui all'art. 20 del medesimo D.L. secondo
cui "l'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto deve
risultare coerente con gli obiettivi di contenimento della spesa
pubblica stabilito con la nota di aggiornamento al documento di
programmazione economico - finanziaria per il triennio 1997-99". In
sostanza il dipendente, ingiustamente accusato di abuso d'ufficio, ha
diritto al rimborso da parte della Amministrazione di appartenenza
delle spese sopportate per la sua difesa, ma entro il limite di quanto
strettamente necessario (trattandosi di erogazioni che gravano sulla
finanza pubblica e devono quindi essere contenute al massimo) secondo
il parere di un organo tecnico altamente qualificato per valutare sia
le necessità difensive del funzionario, in relazione alle
accuse che gli vengono mosse ed ai rischi del giudizio penale, e sia la
conformità della parcella presentata dal difensore alla
tariffa professionale.
Emerge così nettamente la differenza fra questo parere
dell'Avvocatura dello Stato, con quello emesso dal Consiglio
dell'ordine in merito alla parcella dell'avvocato in vista del
contenzioso col suo cliente privato e per il quale deve essere
controllata soltanto la conformità alla tariffa
professionale, essendo assolutamente irrilevante l'ammontare
complessivo della spesa.
Questa Corte pero ha ripetutamente affermato che la
discrezionalità tecnica è variamente limitata,
sia dal rispetto delle norme di comune prudenza e diligenza, poste a
tutela del principio del "neminem laedere" (Cass. n. 1501/97, SU n.
3567/97), sia dalle esigenze di tutela dei diritti soggettivi perfetti
(Cass. SU n. 9477/97; 10737/98; 117/99); da qui deriva la conseguenza
che il parere espresso dall'Avvocatura erariale é soggetto
al vaglio del giudice ordinario per il necessario controllo del
rispetto dei principi di affidamento, ragionevolezza e tutela effettiva
dei diritti, riconosciuti dalla Costituzione, in modo da poter
escludere che la discrezionalità tecnica si trasformi in
arbitrio. Il parere dell'Avvocatura quindi é soggetto alla
valutazione di congruità da parte del giudice, come ogni
questione che influisca sui diritti soggettivi.
In punto di fatto, tale valutazione è stata già
espressa dal giudice di merito che, attenendosi a questo principio di
diritto, ha ritenuto che tale parere non è "logicamente
errato o altrimenti fuorviante: il pressa penale, per quanto delicato e
non semplice, non era - né comunque ciò
è stato dimostrato con la produzione dei relativi atti o
altrimenti - di tale importanza da consigliare la nomina di due
difensori". Lo stesso giudice specifica poi quale prova doveva essere
data ai fini dell'accoglimento della domanda ed aggiunge che il parere
in questione può essere contestato, non richiamando
semplicemente il diritto dell'istante a nominare due difensori, ma
dimostrando che "per la particolare natura dell'affare, per l'esigenza
di apporto specialistico di un legale versato in una branca non comune,
o per altre particolari circostanze, è opportuna (e non solo
consentita) la difesa da parte di due professionisti, sì da
rendere incongrua ed ingiustificabile la valutazione dell'Avvocatura
erariale per la liquidazione della parcella ad un solo legale". Questa
valutazione non é stata minimamente contestata e quindi il
ricorso va rigettato. Non vi é luogo a provvedere in ordine
alle spese non essendosi costituita in giudizio l'Amministrazione
intimata.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e dichiara non
luogo a provvedere in ordine alle spese.