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SENTENZE - CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
Sezione Lavoro, sentenza 23/01/2007 n. 1418
Rimborso spese legali sostenute dal dipendente pubblico – limiti congrui secondo l'Avvocatura dello Stato

Il rimborso delle spese legali, sostenute nei giudizi intrapresi nei confronti dei dipendenti delle Amministrazioni statali per responsabilità civili, penali ed amministrative, in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza che escluda la loro responsabilità, deve essere effettuato, ai sensi dell'art. 18 del d.l. n. 67 del 1997, convertito in legge n. 135/97, nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato.

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Sentenza 23 gennaio 2007, n. 1418

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Ettore MERCURIO - Presidente -
Dott. Donato FIGURELLI - Consigliere -
Dott. Pietro CUOCO - Consigliere -
Dott. Francesco Antonio MAIORANO - Rel. Consigliere -
Dott. Giancarlo D'AGOSTINO - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
C. G. L., elettivamente domiciliato in Roma Via R. Grazioli Lante 16, presso lo studio dell'avvocato Domenico Bonaiuti, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Pettinali, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze;

- intimato -

avverso la sentenza n. 230/03 della Sezione distaccata di Corte d'Appello di Sassari, depositata il 08/09/03 - R.G.N. 85/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/11/06 dal Consigliere Dott. Francesco Antonio Maiorano;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Massimo Fedeli che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla Corte d'Appello di Cagliari, sezione di Sassari, C. G. L., dipendente del Ministero del Tesoro in qualità di direttore dell'Ufficio Provinciale di S., proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Sassari con la quale era stata rigettata la sua domanda per l'integrale rimborso (ai sensi dell'art. 18 del DL n. 67 del 25/3/97, convertito in L. n. 135 del 23/5/97) delle spese di difesa da lui sopportate in un giudizio intrapreso contro di lui per il reato di cui all'art. 323 c.p. (abuso d'ufficio) e dal quale era stato assolto con sentenza del 14/12/1999. Precisava che l'Amministrazione di appartenenza aveva autorizzato con nota del 18/6/2000 la rifusione della somma di £ 13.935.240, a fronte di un totale di £ 21.586.220 da lui erogate per sostenere la difesa, come da fatture emesse dai due avvocati, M. e C., che l'avevano difesa nel procedimento penale e dell'avv. S. che l'aveva assistito nel procedimento disciplinare, conclusosi con l'archiviazione dopo l'assoluzione in sede penale.

L'Amministrazione appellata contrastava il gravame e la Corte d'Appello lo rigettava sulla base delle seguenti considerazioni: l'eccezione di incompetenza della Sezione staccata di Sassari per le cause in materia di lavoro in cui fosse parte una Amministrazione dello Stato, era infondata trattandosi non di una questione di competenza ma di una semplice ripartizione degli affari tra sezioni del medesimo ufficio giudiziario e ed essendo noto l'orientamento del presidente della Corte d'Appello di assegnare alla sezione di Sassari tutti i provvedimenti emessi dai Tributali di Sassari, Nuoro e Tampio Pausania.

Nel merito, il gravame era infondato: il procedimento disciplinare non rientrava fra quelli per i quali al pubblico dipendente spettasse il rimborso delle spese legali e comunque non c'era la prova della relativa erogazione. Per le spese del giudizio penale spettava il rimborso delle spese, in caso di assoluzione, previo parere di conformità dell'Avvocatura dello Stato che era immune da censure; il richiamo fatto dal ricorrente al parere di congruità espresso dal Consiglio dell'ordine su richiesta dell'avvocato non era calzante, sia perché non era obbligatorio come nella specie (ma necessario per il professionista che intendesse ricorrere a forme coattive di recupero del suo credito), sia perché la valutazione dell'Avvocatura riguardava non la conformità della parcella alle tariffe forensi ma il rapporto fra importanza e delicatezza della causa e le somme spese per la difesa e delle quali si chiedeva il rimborso.

Nella specie, non poteva essere censurata la decisione del Ministero perché lo stesso si era attenuto al parere dell'Avvocatura dello Stato, né il parere medesimo che non era errato o fuorviante: dagli atti prodotti emergeva infatti che il processo, per quanto delicato non era di tale importanza da giustificare la nomina di due difensori e quindi la spesa per la doppia difesa non era giustificata. L'imputato era libero di nominare piú difensori ma non poteva pretendere il rimborso delle due parcelle; tale rimborso, rifatti, non poteva avvenire a piè di lista, ma in base alla congruità delle stesse. La valutazione dell'Avvocatura poteva essere contestata in sede giudiziale, dimostrando la necessità della doppia difesa così da rendere incongrua ed ingiustificabile la valutazione dell'avvocatura erariale e non semplicemente richiamando il proprio diritto a nominare due difensori, come nella specie. La sentenza quindi doveva essere confermata.

E' domandata ora la cassazione di detta pronuncia con un solo motivo, col quale si lamenta contraddittorietà e insufficienza della motivazione, per non avere il giudice considerato che egli è un dirigente a contratto, per cui un'eventuale condanna avrebbe comportato la cessazione del rapporto di lavoro; tale eventualità è stata scongiurata soltanto a seguito dell'assoluzione in sede penale, perché questa ha comportato l'archiviazione del procedimento disciplinare. Il parere dell'Avvocatura é stato espresso dopo l'assoluzione, mentre la valutazione in ordine alla necessità di una adeguata difesa deve essere fatta in via preventiva. La previsione secondo cui il rimborso deve avvenire "nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato" si riferisce al controllo di congruità rispetto alla tariffa, analogamente a quanto fa il Consiglio dell'ordine nell'esprimere il suo parere.

L'intimato non si é costituito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso é infondato.

Nei giudizi intrapresi nei confronti dei dipendenti delle Amministrazioni statali per responsabilità civili, penali ed amministrative, in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza che escluda la loro responsabilità, è previsto il rimborso da parte della Amministrazione di appartenenza delle spese legali, che viene effettuato ai sensi dell'art. 18 DL n. 67 del 1997, conv. in L. n. 135/97 nei "limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato". Questa esegue una valutazione caratterizzata essenzialmente da aspetti di discrezionalità tecnica, in quanto riferita al parametro della tariffa penale, nonché alla natura e alla complessità della causa ed all'importanza delle questioni trattate, alla durata del processo, alla qualità dell'opera professionale prestata ed al vantaggio arrecato al cliente (cfr. TAR Veneto n. 01033 del 14/4/04). La previsione legislativa, infatti, è di così ampia portata da giustificare pienamente l'interpretazione del giudice d'appello, secondo cui è fuor di luogo il richiamo al parere di congruità espresso dal Consiglio dell'ordine su richiesta dell'avvocato che intenda agire nei confronti del cliente per il recupero delle sue spettanza, sia perché quel parere non é obbligatorio, come nella specie, ma necessario, sia perché la valutazione dell'Avvocatura riguarda non solo la conformità della parcella alla tariffa forense (oltre la quale il rimborso sarebbe illegittimo), ma il rapporto fra l'importanza e delicatezza della causa e le somme spese per la difesa e delle quali si chiede il rimborso.

Osserva in proposito la Corte che tale interpretazione è confermata direttamente dalla ratio legis, che è quella di tenere indenne il funzionario per le spese legali, indispensabili ai fini della difesa da un'accusa ingiusta per fatti inerenti ai compiti e responsabilità dell'ufficio, e indirettamente anche dalla norma finale e di chiusura di cui all'art. 20 del medesimo D.L. secondo cui "l'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto deve risultare coerente con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica stabilito con la nota di aggiornamento al documento di programmazione economico - finanziaria per il triennio 1997-99". In sostanza il dipendente, ingiustamente accusato di abuso d'ufficio, ha diritto al rimborso da parte della Amministrazione di appartenenza delle spese sopportate per la sua difesa, ma entro il limite di quanto strettamente necessario (trattandosi di erogazioni che gravano sulla finanza pubblica e devono quindi essere contenute al massimo) secondo il parere di un organo tecnico altamente qualificato per valutare sia le necessità difensive del funzionario, in relazione alle accuse che gli vengono mosse ed ai rischi del giudizio penale, e sia la conformità della parcella presentata dal difensore alla tariffa professionale.

Emerge così nettamente la differenza fra questo parere dell'Avvocatura dello Stato, con quello emesso dal Consiglio dell'ordine in merito alla parcella dell'avvocato in vista del contenzioso col suo cliente privato e per il quale deve essere controllata soltanto la conformità alla tariffa professionale, essendo assolutamente irrilevante l'ammontare complessivo della spesa.

Questa Corte pero ha ripetutamente affermato che la discrezionalità tecnica è variamente limitata, sia dal rispetto delle norme di comune prudenza e diligenza, poste a tutela del principio del "neminem laedere" (Cass. n. 1501/97, SU n. 3567/97), sia dalle esigenze di tutela dei diritti soggettivi perfetti (Cass. SU n. 9477/97; 10737/98; 117/99); da qui deriva la conseguenza che il parere espresso dall'Avvocatura erariale é soggetto al vaglio del giudice ordinario per il necessario controllo del rispetto dei principi di affidamento, ragionevolezza e tutela effettiva dei diritti, riconosciuti dalla Costituzione, in modo da poter escludere che la discrezionalità tecnica si trasformi in arbitrio. Il parere dell'Avvocatura quindi é soggetto alla valutazione di congruità da parte del giudice, come ogni questione che influisca sui diritti soggettivi.

In punto di fatto, tale valutazione è stata già espressa dal giudice di merito che, attenendosi a questo principio di diritto, ha ritenuto che tale parere non è "logicamente errato o altrimenti fuorviante: il pressa penale, per quanto delicato e non semplice, non era - né comunque ciò è stato dimostrato con la produzione dei relativi atti o altrimenti - di tale importanza da consigliare la nomina di due difensori". Lo stesso giudice specifica poi quale prova doveva essere data ai fini dell'accoglimento della domanda ed aggiunge che il parere in questione può essere contestato, non richiamando semplicemente il diritto dell'istante a nominare due difensori, ma dimostrando che "per la particolare natura dell'affare, per l'esigenza di apporto specialistico di un legale versato in una branca non comune, o per altre particolari circostanze, è opportuna (e non solo consentita) la difesa da parte di due professionisti, sì da rendere incongrua ed ingiustificabile la valutazione dell'Avvocatura erariale per la liquidazione della parcella ad un solo legale". Questa valutazione non é stata minimamente contestata e quindi il ricorso va rigettato. Non vi é luogo a provvedere in ordine alle spese non essendosi costituita in giudizio l'Amministrazione intimata.

P.Q.M.

La Corte

Rigetta il ricorso e dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese.


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